L’art. 186 del Codice della Strada punisce il conducente che sia trovato alla guida in stato di ebbrezza, ovvero in quella condizione di alterazione psico-fisica dovuta all’assunzione di sostanze alcoliche.
La norma prevede un sistema di sanzioni via via crescenti sulla base del tasso alcolemico riscontrato nel guidatore. Se l’ipotesi più lieve (dallo 0,5 allo 0,8) è punita con una sanzione amministrativa e una sospensione della patente da 3 mesi a 6 mesi, per tassi superiori allo 0,8 scatta l’illecito penale, con conseguenze comportanti la sospensione della patente per periodi molto lunghi, sino ad arrivare alla revoca della licenza di guida. Porsi alla guida in stato di ebbrezza, del resto, è un comportamento altamente pericoloso, per sé e per gli altri.
La sospensione della patente di guida è senz’altro uno degli aspetti centrali dell’apparato sanzionatorio previsto dal Legislatore, e ciò per gli indubbi riflessi che la misura può avere nella vita quotidiana.
Come si accerta se un conducente è in stato di ebbrezza ?
Nella maggior parte dei casi ciò avviene tramite alcoltest, col ricorso agli strumenti (etilometro) in dotazione agli organi di polizia.
Tuttavia l’accertamento strumentale non è l’unico possibile; si può essere sanzionati per guida in stato di ebbrezza anche a seguito del c.d. accertamento “sintomatico”. La Corte di Cassazione, al riguardo, ha da tempo affermato che lo stato di alterazione psico-fisica può essere rilevato dall’organo accertatore sulla base di indici “sintomatici”, quali, appunto, “alito vinoso, occhi arrossati, eloquio sconnesso, andatura barcollante”.
Quale sarà, in caso di accertamento sintomatico, l’ipotesi contestata al conducente ? Ebbene, fino a qualche anno fa la giurisprudenza prevalente risolveva la questione collocando il comportamento dell’automobilista, in mancanza di un accertamento strumentale, nella fascia di illecito più bassa (quella da 0,5 a 0,8 – depenalizzata). Oggi, invece, l’orientamento è diverso; la Corte di Cassazione (si veda la sentenza n. 25385/2019) ha affermato che, in presenza di seri e univoci indici sintomatici, potrà essere contestata al conducente la guida in stato di ebbrezza anche nelle forme più gravi.
Non costituisce invece una facile scappatoia, e quindi non rappresenta una scelta strategicamente vincente, rifiutare l’alcoltest. Anzi : al conducente che non si sottoponga all’etilometro viene irrogato lo stesso trattamento sanzionatorio del guidatore con tasso alcolemico superiore a 1,5.
Le strategie difensive
In mancanza di ragioni per invalidare la contestazione (strumentale o “sintomatica”) della guida in stato di ebbrezza le opzioni difensive più vantaggiose per l’automobilista sono essenzialmente due : lo svolgimento di lavori di pubblica utilità – L.P.U. – (art. 186 comma 9 bis del Codice della Strada) o la messa alla prova (art. 168 c.p.).
L’esito positivo dei L.P.U., che sarà accertato dal Giudice, consente di evitare non solo l’applicazione delle sanzioni penali (convertite, appunto, in lavori di pubblica utilità), ma anche di ottenere il dimezzamento del periodo di sospensione della patente di guida, nonché di evitare, nei casi in cui è prevista, la confisca del veicolo.
Anche la messa alla prova prevede lo svolgimento di attività non retribuita in favore di un Ente convenzionato col Tribunale, ma non consente di ottenere, in caso di esito positivo, il dimezzamento del periodo di sospensione della patente. Tuttavia anche questa opzione difensiva può risultare molto utile; infatti se l’automobilista, in stato di ebbrezza, ha provocato un incidente, non potrà accedere agli L.P.U., ma potrà, invece, ricorrere alla messa alla prova. In questo caso il vantaggio, all’esito positivo del percorso, sarà che il Giudice non emetterà una sentenza di condanna, ma dichiarerà l’estinzione del reato.